Di quando papà era un brigatista | Ornella
Esistono famiglie senza segreti? Chi può dire di conoscere fino in fondo le persone che ci hanno cresciuto, senza temere che ci siano alcune zone d’ombra che, forse, non esploreremo mai completamente? Da questo sostrato ha inizio il percorso posto al centro di Ornella, scritto, diretto e interpretato da Gaia Amico: un attraversamento delle vicende familiari che hanno preceduto Gaia, impegnata nel tentativo di sciogliere dubbi e nodi irrisolti che arriverà a scoprire man mano.
La ricostruzione biografica della famiglia della giovane artista costituisce il centro nevralgico della drammaturgia: il racconto prende avvio dal tentativo di mettere a fuoco la figura di suo padre, Flavio Amico, incarcerato alla fine degli anni Settanta e recluso per dodici anni a causa del suo coinvolgimento nell’organizzazione terroristica delle Brigate Rosse. Non è tuttavia su di lui e sulle sue vicende che si orienta il focus del racconto, quanto piuttosto sulle molte peripezie affrontate di riflesso dagli affetti che lo circondano: il padre Gabriele, la madre Jole e la sorella Ornella, che si fa portavoce, attraverso il corpo e la voce dell’attrice, della narrazione.
L’andamento della partitura drammaturgica è affidato in parte al pubblico: agli spettatori viene chiesto, a intervalli regolari, di estrarre una cartolina contenente il numero di un capitolo della storia direttamente collegato agli oggetti presenti sulla scena — una giacca a vento, una valigia, una lista, una lettera, una gomma da masticare, un telefono della SIP e una macchina da scrivere Olivetti. Grazie a questo espediente, la progressione temporale risulta frammentata, proprio come i ricordi che emergono improvvisamente, senza rispettare l’ordine cronologico, alterato dalla composizione arbitraria di ogni replica.
Del resto, forse non ha davvero importanza che la riscoperta della memoria segua un ordine rigoroso. La riemersione del passato viene scandita dalle ricorrenti note di Tristezza per favore vai via di un’altra giovane Ornella, Ornella Vanoni, che accompagna il turbinio di trasferimenti da un carcere all’altro cui viene sottoposto Flavio, l’affastellarsi di richieste respinte, di missive mai consegnate e di interminabili viaggi che sua sorella compie, da un estremo all’altro dell’Italia, seduta per terra sul vagone di un treno, alla ricerca di brevi e agognati colloqui attraverso un vetro divisorio.
Gli eventi vengono ripercorsi attraverso un intreccio che contrappone due punti di vista: la voce della zia e quella dell’attrice stessa, che si alternano e si completano. La loro mescolanza offre una narrazione capace di abbracciare passato e presente, rivelando il fil rouge emotivo ed esperienziale che lega le donne della famiglia Amico, tendendo un ponte tra gli Anni di Piombo e l’oggi. La Storia prende così forma davanti agli occhi degli spettatori: il caso Dozier, il sequestro Moro, l’agguato a Indro Montanelli ai Giardini Pubblici di Milano.
Riaffiorano gli anni in cui si progettava la rivoluzione al tavolino di un bar, con una Smith & Wesson in tasca e un cappuccino in mano, simbolo potente di quella ricerca di «un mondo più equo attraverso la lotta armata»; si tramava di sovvertire l’ordine sociale ed economico, dichiarando guerra aperta allo Stato e innescando un movimento uguale e contrario.
Ornella permette al pubblico di rievocare luoghi e date, familiarizzare con gli eventi della Storia come quasi mai accade tra i banchi di scuola, attraverso uno sguardo profondo e delicato che ricorda, a tratti, i racconti di Natalia Ginzburg, nel saper intrecciare i piccoli dettagli della vita di ogni giorno con i grandi accadimenti. Gaia Amico attua una riflessione profonda sulla memoria collettiva e sui suoi processi di costruzione. Una memoria concreta e tangibile, costruita grazie ai preziosi materiali d’archivio che nonno Gabriele ha raccolto giorno dopo giorno e che zia Ornella ha tramandato. Questo archivio, composto da appunti, lettere, telegrammi, foto in bianco e nero e giornali d’epoca, viene messo a disposizione dello spettatore, permettendogli di riconoscere gli antichi slogan, le voci di rivolta impresse su carta, le minacce dell’autorità impresse nei titoli di giornale: «Perquisitele nella vagina».
Ne emerge un quadro più che mai complesso, dove i confini di giustizia e ingiustizia, legge e fuori-legge risultano sfumati, orientandosi invece verso un ragionamento sulle contraddizioni umane, su quegli angoli liminali del passato che ancora oggi lasciano incertezza e sgomento, forse perché non li abbiamo mai compresi appieno, forse perché rendono tanto difficile schierarsi a posteriori.
Ecco quindi che Ornella, nella cornice del Festival Canile Drammatico, instaura un dialogo vivo con le altre proposte in cartellone, basato sull’intento di mostrare la conflittualità insita nell’agire umano, mettendo lo spettatore nella condizione di trovarsi “dall’altra parte della barricata”, spogliato da ogni forma di pregiudizio. Così, riuscendo ad accedere alla prospettiva dell’altro, possiamo ritrovare noi stessi, riappropriandoci di un pezzo mancante della nostra identità attraverso alcune delle pagine più complesse della Storia italiana.
Del resto, «la cosa interessante della Storia è che non ci interessa mai fino in fondo, fin quando non capiamo che parla di noi».
Elisa Collo
in copertina: foto di gialloinsieme
ORNELLA
progetto di 9c Teatro Aps
con Gaia Amico
dramaturg Davide Tortorelli
costumi Ilaria Amico
assistente Naomi Messineo
Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico Sguardi da Canile Drammatico